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26 novembre 2013

Billy e il Clonesauro, metafora dei nostri tempi

La metafora finale dei nostri tempi - Fonte
Questa mattina, mentre facevo colazione ed avevo il cervello ancora in fase di caricamento, ho avuto questa intuizione sulla profondità profetica del film preferito da grandi e piccini.
In questo film, che avrete intuito, è Billy e il Clonesauro, seguiamo le vicende di un paleontologo:
All'inizio del film, il nostro paleontologo è tutto felice e contento che sta scavando in un sito, ha scoperto un paraviano completo ed articolato (quel genere di cose che ti rendono la vita tetracromatica), ed è tutto preso da sedimento, osteologia e tafonomia. Non può chiedere di meglio.
L'idillio paleontologico viene interrotto dall'arrivo di un imprenditore multimiliardario, che propone al paleontologo di dare l'avallo ad un misterioso progetto legato all'applicazione di nuove tecnologie. Il paleontologo, che di soldi ne ha sempre pochi, ovviamente accetta, più per denaro che per vero interesse: dopo tutto, al paleontologo bastano i fossili e un sito da scavare, niente altro, ed i soldi servono proprio per quello, per continuare a scavare e studiare i fossili.
Col procedere della vicenda, sia noi che il paleontologo protagonista siamo immersi in una realtà sempre più tecnologica e computerizzata, nella quale la paleontologia vera è assente, e non ben specificati esperti di discipline trendy sono considerati "esperti" di questioni legate ai dinosauri esattamente come i veri paleontologi. Il paleontologo, ovvero, è solo un consulente tra tanti, e la sua opinione pare essere solo una tra le tante ammesse e ascoltate, sebbene, alla fine, si stia parlando proprio di oggetti paleontologici.
La vicenda raggiunge il suo apice nel momento in cui il paleontologo viene messo di fronte allo scopo del progetto: proporre dei dinosauri da "vedere e toccare", prodotti commerciali per un vasto pubblico, qualcosa di molto più accattivante dei soliti scheletri polverosi nei musei. Questi dinosauri, prodotti dalle nuove tecnologie, sono, ovviamente, proprio come il pubblico vuole che siano: feroci lucertoloni capaci di mangiare le persone e distruggere ogni cosa.
La metafora finale del film è devastante: questi "dinosauri" commerciali creati dalla tecnologia, avallati da esperti privi di competenza paleontologica, si rivelano un disastro. Il povero scheletro di Tyrannosaurus, simbolo della vera paleontologia, viene distrutto e sbriciolato, mentre il "nuovo tyrannosauro" digitale e informatico ruggisce trionfante. Il nostro povero paleontologo, costretto alla fuga, si può consolare osservando gli unici veri dinosauri dell'intero film, dei pellicani.
Sebbene sia stato girato venti anni fa, Billy e il Clonesauro è una azzeccata metafora dei tempi che viviamo oggi. I paleontologi sono ingaggiati per attività prive di effettivo valore paleontologico, attività finalizzate a vendere un prodotto al pubblico più ampio possibile. Nell'accettare questo ingaggio, il paleontologo abbandona il suo mondo paleontologico, stratigrafico e anatomico, per volare in esotiche location create e gestite dall'informatica. In questi ingaggi, il povero paleontologo è marginale, e le sua preoccupazioni e avvertenze vengono ignorate, dato che possono compromettere l'obiettivo economico e pecuniario di tutta la vicenda. Personaggi privi di competenza paleontologica, ma esperti di nuove teorie trendy, i nuovi "matematici del caos" e di altre fumose discipline millantate online, sono invece considerati e ascoltati come se fossero competenti al pari dei paleontologi. Lo scopo di queste attività è solo quello di fare soldi, proponendo dinosauri irreali e ipertrofici, che distruggono senza troppi problemi la vera paleontologia, quella fondata sugli scheletri. 
Questo film, quindi, ha più chiavi di lettura, che forse nemmeno i suoi creatori avevano in mente...

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