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30 ottobre 2013

Settimana Super-Mesozoica: Episodio 1: Un Gigantesco contributo al Gigantismo dei Sauropodi!


Inizia la serie di post su questa intensa settimana di studi e pubblicazioni sui dinosauri, alcune collegate al Meeting SVP, altre non direttamente correlate. Proprio oggi, Plos One Collection pubblica un numero speciale di ben 215 pagine sui sauropodi (interamente scaricabile da qui). Si tratta di una ricca raccolta di nuovi studi sulla paleobiologia, biomeccanica, biologia riproduttiva, popolazionale ed ecologia di questi dinosauri, ed in particolare sull'evoluzione del loro gigantismo.
Un articolo, in particolare, è per me molto interessante e sarà utile per uno studio che sto per iniziare... (ne parlerò al momento opportuno).

Fenomenologia del Grande Conflitto Orionide

Fonte: Wikipedia
Orione, il Gigante Cacciatore della mitologia greca, è anche il nome di una delle costellazioni più facili da identificare. Da Orione deriva il termine Orionides, il nome (recentemente istituito) di un sottoclade di Tetanurae, comprendente Megalosauroidea, Allosauroidea e Coelurosauria. Pertanto, mescolando i temi, al centro di Orione sono tre grandi stelle: Spinosauridae, Carcharodontosauridae e Tyrannosauridae. 
Bizzarra associazione? Non direi.
Da tempo, ormai, questa mescolanza di temi e concetti vive nella rete: il Grande Conflitto Orionide (GCO). 
GCO è una chimera memica che mescola elementi della mitologia (la lotta tra giganti di tempi antichi) con elementi paleontologici. Il GCO è quindi una creature culturale, non naturale, nonostante che coloro che ne parlano tendano a discuterne come se fosse un fenomeno naturale. 
Il GCO viene descritto come se fosse una lecita questione scientifica, e viene "argomentato" usando concetti scientifici, quali la lunghezza, la massa, la forza, la resistenza. Nato come miscellanea di concetti da ambiti differenti, il GCO usa termini della fisica per descrivere (in un riduzionismo estremo) la biologia dei dinosauri. Inoltre, introduce un nuovo parametro "misurabile", la vittoria (V), definita come una funzione che associa ad una coppia di esemplari astratti di due taxa (x, y) uno dei due esemplari, secondo un non ben definito algoritmo chiamato "conflitto interspecifico" (CI).
Quindi, formalmente, GCO è una descrizione qualitativa di V=CI(x, y), con x, y due individui di Metazoa, preferibilmente Vertebrata, meglio ancora se Orionides.
Siccome GCO non è per niente un fenomeno naturale, è ridicolo risolverne il valore V in base a parametri naturali. GCO è un fenomeno culturale, e quindi va risolto secondo le leggi che regolano i fenomeni culturali. 
Pertanto, affermare che "Spinosaurus vincerebbe contro Tyrannosaurus perché di massa maggiore" è una completa scemenza, mentre affermare che "Spinosaurus vincerebbe contro Tyrannosaurus perché è la più spietata macchina di morte della storia contro cui nessuno può resistere!!!1!!" è sensato e meritevole di essere scritto
La consapevolezza di ciò è la chiave per risolvere il GCO in modo ragionevole.

PS: sono sicurissimo al 100% che il senso di questo post, sopratutto la conclusione, sarà frainteso dalla maggioranza dei lettori.

28 ottobre 2013

Settimana Super-Mesozoica!

Allacciate le cinture, questa settimana vi serviranno...

L'evento principale sarà il Meeting Annuale della Society of Vertebrate Paleontology, che per questa edizione si svolgerà a Los Angeles. Io non sarò presente fisicamente al Meeting SVP, ma posso contare sull'appoggio di alcuni amici, che saranno là. Inoltre, si sta attivando una rete nei social network che permetterà di partecipare "virtualmente" ad alcuni degli eventi in programma. Da quello che so, alcuni sono molto interessanti... ma non posso dire ancora nulla.
Inoltre, so da voci e rumor molto attendibili che anche altri eventi - molto interessanti - sono in arrivo nella Theropodosphera.
Restate sintonizzati!

Le bugie hanno le gambe corte, e la pazienza ha un limite

Sto iniziando ad essere stanco, oltre che seccato, dallo scoprire dei "paleo-blog" che, invece di presentare fonti verificabili e argomenti controllabili, sono pieni di errori scientifici, di omissioni delle fonti, e in alcuni casi sono opera di persone che millantano competenze che invece non possiedono. E non solo millantano competenze che non hanno, ma arrivano a proporsi come autori di idee ed opere in realtà create da altri. Ovvero, mentono ai loro lettori.
Posso sorridere quando leggo post scritti da qualcuno che - palesemente - non sa il significato di ciò che scrive, e sorvolare sulle imprecisioni, perché ciò può essere l'opera di persone molto giovani che hanno ancora molto da imparare, ma che nondimeno hanno una passione che "sfogano" imitando (temi e stili de) gli scritti altrui. E fintanto che si trattava di ragazzi che parlano di concetti che non conoscono (spesso traendoli in modo ingenuo da opere scientifiche senza citarne la fonte), o di disegnatori alle prime armi con tanto entusiasmo e forse solo un piccolo eccesso di esuberanza, non ci trovavo nulla di grave (a parte il  dovere di correggere errori terminologici e concettuali: sono paleontologo, e se non correggo gli errori paleontologici quando li trovo, cosa ci sto a fare?). 
Ma quando si passa alla mistificazione della verità la faccenda diventa inaccettabile.

Ho scoperto che esiste un blog, in italiano, il cui autore ha scritto questo:
Il testo dice chiaramente che l'autore del blog vuole fare "chiarezza" su un tema che a suo avviso sarebbe non chiaro, e propone una "nuova" ricostruzione scheletrica, ed indica su quali basi proporrebbe questa "nuova" ricostruzione. Ottima iniziativa! C'è sempre da imparare da nuovi punti di vista, da idee e spunti originali!
Inoltre, dopo aver elencato i reperti fossili in base ai quali è realizzata la ricostruzione che egli "propone", l'autore del post mostra anche la ricostruzione stessa (da lui chiamata "restaurazione" [sic]):

In un secondo post, sempre nello stesso blog, l'autore ripropone la medesima ricostruzione scheletrica, che, a suo dire, egli avrebbe "aggiornato" (di fatto, ha solo deformato lievemente il cranio rispetto alla ricostruzione originaria, un'azione che con Photoshop richiede meno di un minuto... non ha senso chiamarlo "aggiornamento": è la stessa opera di prima con solo una lieve deformazione). 
In questo secondo post dichiara (tralasciate la prima parte della frase iniziale):

Notate che lo definisce "il mio contributo". Pertanto, stando alle sue parole, l'autore del blog ha proposto una nuova ricostruzione scheletrica di Carcharodontosaurus saharicus. Che sia una sua realizzazione, è confermato dalle parole molto confidenti che manifesta verso tale opera. Infatti, scrive più avanti:


A questo punto, sono molto incuriosito dalla storia "complicata ed a tratti simpatica" che sta dietro questa ricostruzione. Voi non lo siete? Da come ne parla, appare chiaro che è un episodio che lo coinvolge e di cui egli è parte ("simpatia" significa proprio "provare emozioni assieme"): dopo tutto, le sue parole non lasciando dubbi sul fatto che egli sia l'autore della ricostruzione.
Chissà se egli ci racconterà mai questa storia...

Anzi, ci penso io a raccontarvi questa storia "simpatica e complicata":
Ricostruzione (ormai "datata", di alcuni anni fa) di Carcharodontosaurus saharicus - assumendo l'ipotesi che esso sia sinonimo senior di Sigilmassasaurus. Opera di Marco Auditore.
Nonostante quello che l'autore del blog voglia farvi credere, la ricostruzione non è sua, né tanto meno gli argomenti usati per realizzarla. L'opera, di almeno 10 anni fa, è di Marco Auditore. Marco la realizzò in base all'ipotesi più accreditata a quel tempo, includendo il materiale del "morfotipo-Sigilmassasaurus" in Carcharodontosaurus
L'opera completa di Marco, in cui elenca i vari esemplari che ha usato per la ricostruzione: una lista generale, chiaramente tratta da questa, è menzionata nel post di quel blog. Tuttavia, Marco non è mai accreditato.

L'opera era online nel sito di Marco, attualmente chiuso. Su stessa ammissione di Marco, l'opera è datata, ed attualmente egli sta realizzando delle nuove ricostruzioni, che non sono online. 
Questa è la vera storia dell'opera. 
Lo avreste mai dedotto dalle parole dell'autore del blog? Ovviamente, no. Non pareva invece che - dalle sue parole - egli fosse l'autore della ricostruzione? Come mai egli non menziona mai Marco, né tanto meno si premura di citare la fonte da cui ha tratto l'opera? Dopo tutto, i fatti dimostrano che egli non è l'autore della ricostruzione, quindi aveva il dovere di dichiarare da chi avesse tratto l'opera. E perché invece quelle allusioni alla "storia complicata e a tratti simpatica", quando di fatto egli si è limitato a copiarla e incollarla, e a ripetere gli argomenti elencati da Marco nella versione originale dell'opera?
Lascio a ognuno la valutazione su questa faccenda. Che, per quanto marginale e secondaria rispetto a ben altri episodio di falsificazione (c'è di molto peggio in giro), è comunque significativa di una pessima tendenza che pare diffondersi online: il mentire e millantare, forti dell'anonimato e della mancanza di controllo che dona Internet.

Se qualcuno aveva considerato eccessive le mie parole contro quei blog i cui autori non sono attendibili né forniscono informazioni sulle loro professionalità, ora avete un'altra prova che non esageravo. La rete abbonda di mitomani, millantatori e bugiardi, che credono di poter fare quello che preferiscono, incluso mentire e rubare proprietà intellettuali altrui, illudendosi che nessuno se ne accorga... o quasi.
La paleontologia su internet può anche avere dei tratti scherzosi e "leggeri" (questo blog ne è un esempio), ma non dovrebbe mai ridursi a pagliacciate in cui si fa credere ai lettori eventi che non sono veri.

26 ottobre 2013

Etica e Legalità al tempo dei Paleo Blog

Un lettore mi segnala che in un blog italiano che parla di dinosauri è stato pubblicato un post che anticipa alcuni studi molto interessanti, che saranno presentati ufficialmente la prossima settimana ad un importante Meeting scientifico internazionale.
L'autore di quel post (e del blog) forse non ne è consapevole, ma sta violando un embargo imposto a quel Meeting per preservare la riservatezza delle informazioni prima della loro divulgazione ufficiale. Il fatto che gli abstract del Meeting siano (in qualche modo) disponibili online non implica che sia permesso (o corretto) da parte di persone non coinvolte nelle ricerche là presentate di fare "spoilering", ovvero, di diffondere la notizia prima che i diretti responsabili dello studio possano diffonderla nel modo a loro più congeniale. Pertanto, anche se forse non ne è consapevole, con quel post l'autore di quel blog sta danneggiando il lavoro (anche di anni) di quei paleontologi che hanno preparato quegli studi presentati al Meeting.
Io, e con me tanti amici e colleghi, siamo già a conoscenza dei dettagli di tali studi, ma evitiamo categoricamente di parlarne pubblicamente o di divulgarne il contenuto prima della pubblicazione ufficiale. Prima ancora che un dettame derivato dall'embargo specifico, è un imperativo etico nei confronti dei miei colleghi (la norma: "non divulgare anticipatamente degli altri ciò che non vorresti fosse divulgato anticipatamente di te").

Scrivere un breve post per "spoilerare" una ricerca scientifica è un gesto che richiede pochi minuti ad un blogger, ma che può danneggiare anni di lavoro di un paleontologo.

Suggerisco caldamente all'autore di quel blog di rimuovere temporaneamente il post e di ri-pubblicarlo solamente dopo che la notizia sarà stata presentata ufficialmente dai legittimi autori di quegli studi.
E se conoscete autori di simili post (in blog o forum), fate presente a loro le conseguenze delle loro "spoilerate". Non danneggiate ingiustamente il lavoro dei paleontologi, che spesso richiede anni per produrre una pubblicazione, la cui diffusione e divulgazione iniziale deve avvenire quindi solo ed esclusivamente tramite i suoi autori.

22 ottobre 2013

Piccoli parasaurolofi crescono

Ricostruzione "in vivo" delle teste di due Parasaurolophus (adulto e giovane) ad opera di Lukas Panzarin, basata su Farke et al. (2013).
Due anni fa, Lukas Panzarin mi mostrò in anteprima un'opera che aveva realizzato su commissione da parte di un team capitanato da Andrew Farke. Lo studio aveva come oggetto uno squisito esemplare giovanile di Parasaurolophus, che fornisce nuove informazioni sull'ontogenesi di questo hadrosauride.
Quello studio è stato pubblicato oggi (Farke et al. 2013). Per tutti i dettagli, vi rimando direttamente alla pubblicazione.
Congratulazioni a Farke ed al suo team, oltre che al sempre insuperabile Lukas, il Signore degli Ornithischi.

Bibliografia:
Farke et al. (2013), Ontogeny in the tube-crested dinosaur Parasaurolophus (Hadrosauridae) and heterochrony in hadrosaurids. PeerJ 1:e182; DOI 10.7717/peerj.182

20 ottobre 2013

La caccia sociale e le cure parentali di Titanoboa

Ricostruzione di un ambiente colombiano di 58 milioni di anni fa (fonte: Jason Bourque / University Of Florida)
I primi fossili di Titanoboa scoperti comprendevano numerosi resti da una stessa località colombiana, riferibili ad almeno 28 individui, di differenti età e dimensioni (Head et al. 2009). 
Dato che provengono dalla stesso sito, è probabile che fossero i resti di un branco. Quindi, possiamo concludere che Titanoboa fosse un animale sociale, e che oltre ad allevare la prole praticasse la caccia in gruppo.
Non siete daccordo? Dopo tutto, se questo "ragionamento" viene fatto per i theropodi mesozoici, perché non farlo per Titanoboa? Oppure un "serpente" è un essere troppo "negativo" perché si possa attribuirgli comportamenti così "superiori"?
Ovviamente, la mia è una provocazione. La prima frase del post è un fatto, mentre le frasi successive sono delle pure illazioni prive di fondamento scientifico. Infatti, non ci sono motivi validi per ritenere che un'associazione di 28 esemplari di Titanoboa da uno stesso sito costituisca la prova di "un gruppo sociale". Molti fattori portano all'accumulo di carcasse dello stesso taxon in uno stesso luogo, fattori di natura geologica che non implicano una motivazione "etologica" per gli animali in vita. Scartare le consolidate argomentazioni tafonomiche e geologiche (le cause fisiche) per limitarsi esclusivamente ad argomentazioni "biologiche" prive di fondamento evidente, è un errore molto grossolano ed ingenuo, che un paleontologo dovrebbe esempre evitare: un fossile è prima di tutto un oggetto geologico, prima che "ex-biologico", e come tale va sempre considerato: come qualsiasi altro pezzo di roccia, per capire il perché sia lì occorre prendere in considerazione i fattori fisici che portano le rocce a formarsi. E ciò vale anche per rocce che derivano formalmente da ossa.
Eppure, questo buonsenso paleontologico svanisce quando si parla di dinosauri (specialmente se theropodi, ed ancora più specialmente se theropodi "popolari"), e pare che questi fossili siano "speciali", che le normali considerazioni tafonomiche vengano meno quando abbiamo resti di dinosauri, e la volontà (emotiva, viscerale) di "vederli vivere" prevalga sulla lucida indagine delle condizioni tafonomiche che producono un'associazione di fossili.
Ne ho parlato spesso, ed in dettaglio, ma è sempre bene rimarcare questo concetto, sebbene molti poi fingano di non leggere (o forse, semplicemente, sono incapaci di comprendere il significato delle parole), e preferiscano credere alle favole emozionanti piuttosto che comprendere il rigore dell'indagine paleontologica.

Bibliografia:
J. J. Head; J. I. Bloch, A. K. Hastings, J. R. Bourque, E. A. Cadena, F. A. Herrera, P. D. Polly and C. A. Jaramillo (2009). Giant boid snake from the Paleocene neotropics reveals hotter past equatorial temperatures. Nature 457: 715-717.

La Stele di Rosetta degli Spinosauri

Le differenze tra le vertebre di Spinosaurus e di Sigilmassasaurus possono essere ricondotte alla stessa variabilità osservata lungo la colonna vertebrale di Baryonyx. Per confermare questa ipotesi occorre rinvenire un singolo esemplare che includa le due morfologie. Forse, quell'esemplare è già stato scoperto...
Uno dei limiti più importanti nelle nostre discussioni sulla diversità e disparità nei theropodi del Cretacico del Nord Africa è la frammentarietà della maggioranza degli esemplari, frammentarietà che limita una comparazione diretta tra esemplari, e che quindi non permette di stabilire se ciò che appare come "forme distinte" siano invece parti di una sola morfologia.
In un precedente post ho discusso l'ipotesi che i taxa chiamati Sigilmassasaurus e Spinosaurus possano essere sinonimi, e che i resti attribuiti ai due generi siano solamente parti distinte e non sovrapponibili di una stessa morfologia. In particolare, dato che l'olotipo di Sigilmassasaurus è una vertebra pettorale e dato che l'olotipo di Spinosaurus manca di vertebre pettorali, la comparazione diretta tra i due animali è attualmente impossibile. Nel post citato feci notare che le differenze morfologiche tra le vertebre Sigilmassasaurus e le vertebre Spinosaurus siano comparabili alla variabilità posizionale osservata lungo la colonna presacrale dell'olotipo di Baryonyx. Tuttavia, concludevo in quel post, questa ipotesi richiederebbe un singolo esemplare di spinosauride che includa sia vertebre di tipo-Sigilmassasaurus sia vertebre di tipo-Spinosaurus. O, perlomeno, alcune delle caratteristiche di ambo i morfotipi.
Credo di aver trovato un simile esemplare: Stromer stesso lo descrive!
Stromer (1934), dopo aver introdotto "Spinosaurus B" (che presenta vertebre con la morfologia di Sigilmassasaurus), descrive un altro esemplare, sempre da Bahariya: il N° 1912 VIII22, comprendente tre vertebre cervicali posteriori, un arco neurale presacrale, una spina neurale dorsale, alcune coste ed un possibile frammento di fibula. L'esemplare è molto interessante, ed è un vero peccato che Stromer (1934) non lo illustri nelle tavole finali della monografia (o, perlomeno, io non sono riuscito a trovare delle immagini di questo esemplare).
L'esemplare 1912 VIII22 presenta le seguenti caratteristiche:
- centri cervicali opistocelici più ampi che alti (come Sigilmassasaurus), sebbene con proporzioni trasversali meno marcate di Sigilmassasaurus (quindi intermedie tra Spinosaurus e Sigilmassasaurus).
- la spina neurale dorsale è molto alta (almeno 44 cm) e nella forma simile alle spine dorsali "e" ed "f" dell'olitipo di S. aegyptiacus.
Pertanto, l'esemplare 1912 VIII22 include vertebre cervicali posteriori (assenti negli olotipi di Spinosaurus e Sigilmassasaurus), e mostra un mix di caratteri tipico di entrambi: centri cervicali più ampi che alti (come Sigilmassasaurus) + spine dorsali molto alte e della forma espansa alla base (come Spinosaurus).
Dato che questo esemplare proviene dalla località-tipo di Spinosaurus, che è anche la località da cui proviene "Spinosaurus B" (ovvero, un esemplare riferibile a Sigilmassasaurus), e dato che presenta una indiscutibile autapomorfia di Spinosaurus (spine neurali dorsali molto alte e con una caratteristica espansione ventrale), esso è riferibile a Spinosaurus. E dato che questo esemplare presenta vertebre intermedie (come posizione e forma) tra le cervicali olotipiche di Spinosaurus (che, ricordo, sono solo cervicali anteriori) e le pettorali di Sigilmassasaurus, esso funge da vera "Stele di Rosetta" per collegare Spinosaurus e Sigilmassasaurus in un unico animale.

Purtroppo, anche questo esemplare fu distrutto nel 1944 assieme al resto della collezione di Stromer.

Interessante notare, a questo proposito, che Russell (1996) riferì alcune vertebre dorsali marocchine a Sigilmassasaurus, pur notando come queste vertebre avessero alcune caratteristiche simili alle dorsali di Spinosaurus. Implicitamente, stava constatando la transizione morfologica (probabilmente interna alla singola colonna vertebrale) tra le due morfologie, che conferma la sinonimia tra i due taxa.

Alla luce di questo esemplare, penso ci siano buoni motivi per sinonimizzare Sigilmassasaurus con Spinosaurus.

Bibliografia:
Stromer, E. 1934. Ergebnisse der Forschungsreisen Prof. E. Stromers in den Wüsten Ägyptens. II. Wirbeltier-Reste der Baharije-Stufe (unterstes Cenoman). 13. Dinosauria. Abhandlungen der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Mathematisch-naturwissenschaftliche Abteilung n.f., 22: 1–79.
Russell, D. A. 1996. Isolated dinosaur bones from the middle Cretaceous of the Tafilalt, Morocco. Bulletin du Muséum National d’Histoire Naturelle, Paris, Série 4 18: 349–402.

18 ottobre 2013

L'Uomo di Dmanisi: Uno, Nessuno e Centomila

I cinque esemplari di Homo dal sito di Dmanisi, in Georgia. L'ultimo a destra è stato pubblicato in questi giorni. (Modificato da Gibbons 2013).
Sebbene la paleoantropologia non sia il mio campo di ricerche, è comunque una delle aree della paleontologia che mi appassiona maggiormente (dopo gli inarrivabili bipedi a cui fa riferimento il nome del blog, ovviamente). Non solo perché paleontologo dei vertebrati da sempre interessato alla filogenesi, alla ricostruzione delle relazioni genealogiche tra le specie, ed alla risoluzione della storia evolutiva dei grandi gruppi zoologici, ma anche per mero campanilismo, mi appassiona ogni nuova scoperta relativa ad un bizzarro gruppo di sinapsidi relativamente poco specioso, abbastanza recente, e molto familiare a tutti coloro che leggono il blog (in quanto ne fanno parte): Hominidae. Non avendo una formazione specifica su Hominidae, non posso permettermi di commentare nel dettaglio e con argomenti specifici le interpretazioni emerse dalla recente pubblicazione su un cranio di ominide squisitamente conservato proveniente dal famoso sito di Dmanisi, in Georgia (Lordkipanidze et al 2013).
Quello che mi preme invece discutere qui, e penso di averne i requisiti, è un problema abbastanza diffuso in paleontologia, e che il nuovo studio sugli ominidi di Dmanisi ripropone: quello del significato della variabilità tra individui apparentemente imparentati (ma il cui "grado" di parentela è da definire) rinvenuti in uno stesso sito.
La sistematica e la tassonomia si possono ridurre ad una sola domanda: perché osserviamo delle differenze tra esemplari? Ovvero, esiste una causa naturale (o una serie di cause naturali), e che noi possiamo investigare razionalmente, che ha prodotto le differenze tra gli esemplari che stiamo osservando?
Nel caso di Dmanisi, si conoscono almeno 5 crani riferibili ad Hominini (il clade di primati comprendente tutti i lettori di questo blog, e anche l'autore del blog, e tutti i primati più imparentati con loro rispetto agli scimpanzé). Dato che tutti gli esemplari da Dmanisi presentano sinapomorfie con Homo sapiens che mancano in Australopithecus africanus, è lecito riferire provvisoriamente tutti questi esemplari al genere Homo. Pertanto, come ipotesi di partenza che nessuno mette in discussione, a Dmanisi abbiamo 5 esemplari di Homo.
Tuttavia, questi cinque esemplari mostrano una significativa diversità morfologica. L'ultimo esemplare, oggetto del nuovo studio, oltre ad essere molto ben conservato e quasi completo, è chiaramente differente dagli altri, anche ad un profano di paleoantropologia come me.  
Pertanto, quale è il significato di questa variabilità all'interno della serie di esemplari da Dmanisi?
Prima di partire nella serie di interpretazioni, è bene chiarire che stiamo parlando di un'associazione fossile: ovvero, il tempo geologico e la tafonomia sono fattori importanti e da tenere in conto esattamente come la diversità intraspecifica, sessuale e ontogenetica. Il significato del sito di Dmanisi, infatti, è vincolato all'entità di tempo geologico (ed alla posizione relativa di ciascun esemplare lungo tale intervallo) preservato nel sito.
Difatti, se il sito si è formato in un intervallo di tempo relativamente breve (dell'ordine del millennio o meno) è ragionevole assumere che i cinque esemplari siano, dal punto di vista geologico, "coevi", "sincroni" o "penecontemporanei". Qualora Dmanisi sia invece un sito prodotto in intervalli di tempo più ampi, il significato della associazione dei vari resti di ominidi è necessariamente differente.
Tuttavia, anche qualora la associazione dei fossili indichi una "contemporaneità" (sempre alla scala geologica), quale interpretazione dovremo dare alla presenta di esemplari con tale diversità morfologica localizzata in una singolo sito?
Notate quindi quante premesse "geologiche" siano fondamentali prima ancora di porci le domande "squisitamente" tassonimiche e sistematiche. Il problema degli ominidi di Dmanisi, quindi, è prima di tutto un problema geologico e stratigrafico, la cui risoluzione è chiave per qualsiasi discorso successivo sulle questioni più prettamente biologiche, popolazionistiche e sistematiche.
Pertanto, rispondere al quesito che i crani di Dmanisi ci pongono non è semplice né automatico. Per queste ragioni, in tutti i casi come questo ho sempre evitato di assumere posizioni "lumper" o "splitter", dato che ritengo che ogni situazione particolare richieda approcci particolari. 
I crani da Dmanisi sono evidentemente disparati tra loro: ciò può costituire la prova di una singola specie con grande diversità morfologica (e/o sessuale), ed in tal caso sarà necessario fare confronti con altri ominidi (viventi ed estinti) per quantificare tale diversità. Alternativamente, i crani da Dmanisi potrebbero appartenere a popolazioni sovrapposte spazio-temporalmente, ma distinte, di una specie molto eterogenea. Oppure, i crani da Dmanisi potrebbero appartenere a specie distinte che si sono succedute in intervalli successivi nella regione caucasica. Oppure, i crani da Dmanisi potrebbero appartenere a specie distinte ma coeve e vissute nella regione, a riprova di una fase di intensa speciazione e specializzazione ecomorfologica degli ominidi. Inoltre, i crani da Dmanisi potrebbero essere - in parte - il risultato di processi tafonomici che hanno esacerbato a posteriori, dopo il seppellimento, una normale variabilità intraspecifica. Infine, i crani da Dmanisi potrebbero anche essere il prodotto di più fattori, tra quelli elencati sopra, per cui non basterebbe una singola interpretazione e modello (tafonomico, tassonomico ed ecosistemico) per interpretarlo.
Ciò che dobbiamo evitare, sempre e non solo qui, è la generalizzazione, il voler ridurre fenomeni disparati ad un singolo fattore (spesso accettato in modo acritico e dogmatico): per questo, evito di inserirmi nella logora discussione tra "splitter" e "lumper", in quella tra fautori di una singola specie e quelli fautori della presenza di più specie, in quella tra fautori di una visione anagenetico-monogenetica dell'evoluzione umana ed una cladogenetica-ramificata. 
Sarebbe troppo semplicistico e ingenuo ridurre la complessa questione del sito di Dmanisi nell'ottica di una sola delle tematica a cui ho alluso. Ciò è un monito non solo per l'appassionato profano, o il (spesso grossolano) giornalismo scientifico a caccia di sensazionalismo: il richiamo a non cadere nella semplificazione, nella "teoria del tutto" che spieghi in un colpo solo tutti i livelli del problema, è infatti una dolce sirena di cui molto spesso gli stessi ricercatori (me compreso) sono vittima.

17 ottobre 2013

Diversi modi di stimare le stime

La mia (ormai datata, del 2008) ricostruzione del cranio di Spinosaurus. Essa si basa su una serie di assunti, tra cui, 1) il rapporto generale altezza antorbitale e lunghezza postorbitale del cranio nei theropodi, 2) la particolare inclinazione delle regioni lacrimale e basicranica in Baryonyx ed Irritator, 3) la conspecificità del dentale olotipico egiziano (distrutto nel 1944) con il rostro marocchino presente nel museo milanese. [Se non si specificano le ipotesi in base a cui si crea la ricostruzione, ogni ricostruzione è solo uno disegno di fantasia].
In questo blog si parla spesso di stime (di forma o dimensionali) dei theropodi. Ciò è inevitabile: la maggioranza degli esemplari è frammentaria, e le forme/dimensioni di quegli animali non possono essere determinate direttamente, bensì stimate.
Ma come si stima la dimensione o la forma di un animale fossile?
Prima regola, sacrosanta, e che vale più di tutto il resto del post: NON ESISTE IL METODO INFALLIBILE (No Infallible Method Exists: NIME). Questa regola dovrebbe essere il Primo Comandamento per chiunque voglia discutere di ricostruzioni dei fossili. 

Ognuno ha un metodo preferito, ma questo non significa che esso sia "il metodo migliore", proprio in virtù della regola NIME. Inoltre, un metodo può essere migliore in alcuni contesti, ma pessimo in altri, nei quali un secondo metodo può risultare migliore.

In questo blog ho infatti mostrato vari metodi, a seconda del contesto: ho proposto mie ricostruzioni scheletriche, mie stime basate su curve di regressione o su semplici rapporti isometrici. Ho mostrato metodi basati sull'intero esemplare, o su parti isolate. Ed ogni volta, e lo rimarco ancora, ho sempre sottolineato che si tratta di risultati vincolati alle ipotesi di partenza, ipotesi che ho opportunamente mostrato e discusso.
Questo punto, infatti, è fondamentale: il risultato di una stima dipende dalle ipotesi di partenza da cui si è costruita la stima. Ovvero, il risultato della stima dipende dal metodo utilizzato.
Per questo motivo, siccome le stime sono, per definizione, ipotesi a posteriori, esse sono secondarie e vincolate alle ipotesi a priori usate per produrle. 
Pertanto, discutere sulla logica sottostante una stima è molto più importante che discutere del risultato.

Ho scritto sopra che ogni metodo ha i suoi pregi ed i suoi difetti. 
Ad esempio, una ricostruzione scheletrica è ottima se si vuole stimare le dimensioni di un nuovo tyrannosauridae frammentario che sappiamo essere strettamente imparentato e (apparentemente) simile a Tyrannosaurus, Tarbosaurus e Albertosaurus: di questi taxa disponiamo di molti esemplari decentemente conservati, e questo permette una ricostruzione affidabile (in base all'inferenza filogenetica).
Tuttavia, questo metodo è poco utile e molto debole per stimare le dimensioni di altri taxa, ad esempio Spinosaurus, dato che, attualmente, esiste un solo esemplare parzialmente completo e articolato in tutto il clade Spinosauridae: l'olotipo di Baryonyx walkeri. Purtroppo, di quell'esemplare manca la coda, il cranio è incompleto, i piedi sono mancanti, quindi la forma e dimensione totale dell'animale è del tutto arbitraria. [Nota bene: esistono esemplari di Suchomimus, ma nessuno attualmente è stato descritto nel dettaglio. Inoltre la ricostruzione scheletrica in Sereno et al. (1998) è un'ipotesi a sua volta, un composito basato su esemplari distinti e probabilmente di età differenti. Non si tratta di un singolo individuo! In particolare, le ossa nella ricostruzione del cranio di Suchomimus sono a loro volta collocate in base a Baryonyx, non sono basate su un esemplare articolato! In breve, non esiste uno scheletro di Suchomimus, ma solo delle riscostruzioni ipotetiche]. Perciò, siccome esiste un singolo scheletro articolato e poco completo in Spinosauridae qualsiasi stima delle dimensioni dentro Spinosauridae, fondata su ricostruzioni scheletriche, è molto speculativa.
Pertanto, nel caso di stime dimensionali per Spinosaurus, è prudente usare delle stime più generiche, basate su metodi differenti, quali curve di regressione di trend generali nelle proporzioni corporee, dedotte, con le dovute cautele, dall'intero Theropoda. Di conseguenza, siccome queste stime sono molto generali, basate su un campione di specie disparate in dimensione ed adattamenti, è inevitabile che si ricavino stime a grana grossa. Anche qui, pertanto, occorre ricordare sempre la regola NIME.

Ad esempio, Therrien e Henderson (2007) producono una curva di regressione per stimare le dimensioni totali dei theropodi a partire dalle dimensioni del cranio. La curva di Therrien e Henderson (2007) è inevitabilmente molto grossolana, per una serie di motivi:
- le dimensioni dei crani sono spesso influenzate da deformazione, quindi possono essere stime a loro volta.
- come scritto prima, taxa differenti ecologicamente possono avere crani di lunghezze simili nonostante abbiano lunghezze totali differenti.
La stima prodotta da Therrien e Henderson (2007), per quanto grossolana, ha però un vantaggio che le stime basate su ricostruzioni scheletriche non possiedono: è falsificabile in modo più chiaro e ripetibile. Questo fattore di falsificabilità rende quindi le stime di Therrien e Henderson (2007) più scientifiche rispetto ad altre, in particolare, rispetto alle ricostruzioni scheletriche. 

Quindi, come ho scritto prima, se la la logica sottostante una stima merita più della stima stessa, allora un metodo falsificabile scientificamente è sicuramente più valido di uno meno falsificabile. Ciò non significa che sia "migliore", "più corretto" o "più vero" (la verità è un concetto filosofico, non scientifico), bensì che esso è più facilmente migliorabile, può essere aggiornato e riveduto, corretto e raffinato in modo oggettivo. Ed è la correzione degli errori ciò che distingue la scienza dalla non-scienza.

Corollario: Una stima massima di 13 metri per Spinosaurus è più scientifica di una di 18 metri, ovvero, è più facile falsificare uno spinosauro di 13 metri che uno di 18 metri.
Dimostrazione: per farlo, basta trovare uno scheletro articolato lungo 14 metri, o 15 metri, o 16 metri, o 17 metri, o 18 metri: ognuno di questi esemplari dimostrerebbe automaticamente che la stima massima di 13 metri era falsa. Tuttavia, nessuno di questi ipotetici scheletri falsificherebbe la stima massima di 18 metri. Infatti, per falsificare la stima massima di 18 metri occorrerebbe trovare uno scheletro di almeno 19 metri. Ma, badate molto bene, uno scheletro di 19 metri falsificherebbe anche quello di 13 metri! Ovvero, qualsiasi scheletro che falsifichi la stima massima di 18 metri falsifica automaticamente anche quella massima di 13: ma non sempre vale il contrario; quindi, indipendentemente dagli esemplari che troviate, la stima di 13 metri è sempre più facilmente falsificabile dell'altra, quindi è un'ipotesi scientificamente migliore.

Concludendo:
  • Tutti i metodi di stima, qualsiasi preferiate, sono vincolati al NIME.
  • Non esiste un metodo universale, ma ogni caso specifico ha il suo metodo preferibile o perlomeno più attendibile, a seconda delle circostanze e dei fossili disponibili.
  • Alcuni metodi sono più falsificabili di altri, ovvero, sono più scientifici di altri.
  • La ripetibilità e falsificabilità del metodo di stima è più importante del risultato della stima.
Bibliografia:
Sereno, P.C.; Beck, A.L.; Dutheil, D.B.; Gado, B.; Larsson, H.C.E.; Lyon, G.H.; Marcot, J.D.; Rauhut, O.W.M.; Sadleir, R.W.; Sidor, C.A.; Varricchio, D.D.; Wilson, G.P; and Wilson, J.A. (1998). A long-snouted predatory dinosaur from Africa and the evolution of spinosaurids. Science 282 (5392): 1298–1302
Therrien, F.; and Henderson, D.M. (2007). My theropod is bigger than yours...or not: estimating body size from skull length in theropods. Journal of Vertebrate Paleontology 27 (1): 108–115.

13 ottobre 2013

Eoraptor Reloaded (and Revolution)

 DigiMorph Staff, 2001, Eoraptor lunensis Digital Morphology.
L'attesa è stata lunga, ma è stata tutta meritata.
Eoraptor lunensis è uno dei pochi, tra i dinosauri più antichi conosciuti, dei quali si conosca uno scheletro quasi completo ed articolato. Pubblicato venti anni fa, da circa un decennio circolava la voce che fosse in preparazione una monografia sull'osteologia di questo dinosauro. E sebbene Eoraptor sia stato incluso (in forma di menzione più o meno dettagliata) in numerose pubblicazioni relative ai dinosauri triassici, si sentiva la necessità di un importante studio che ne descrivesse nel dettaglio le caratteristiche. Sopratutto alla luce della sua morfologia, che suggerisce una posizione filogenetica prossima alla radice di Saurischia. Difatti, nel corso degli anni Eoraptor è stato collocato, alternativamente, come theropode molto basale, come saurischio basale esterno alla divergenza tra sauropodomorfi e theropodi, e, recentemente, come sauropodomorfo molto basale. Nel frattempo, oltre ad Eoraptor, una serie di simpatici (e a volte simpatrici) saurischi e dinosauromorfi Triassici è stata scoperta e pubblicata, rendendo, per la gioia di noi filogenetisti, tutto ancora più complesso e problematico: data la sua eccellente conservazione, Eoraptor quindi risulta, a maggior ragione, un taxon-chiave per risolvere (o perlomeno, tentare) le relazioni alla base di Dinosauria.
La tanto attesa monografia su Eoraptor è stata finalmente pubblicata (Sereno et al. 2013). Con oltre ottanta pagine di descrizione ed illustrazione dettagliate, è un'opera notevole e che vale tutto il tempo atteso per la sua pubblicazione. In generale, l'olotipo di Eoraptor è squisitamente preservato ed articolato. A parte la regione intermedia e distale della coda, perduta, l'esemplare è completo. Oltre che articolato, esso è conservato tridimensionalmente, e ciò permette quindi di avere numerose viste di buona parte delle ossa. Regioni prima non pubblicate, come la superficie dorsale e palatale del cranio, le vertebre presacrali e le gambe, sono ora ampiamente descritte e illustrate.
Ho potuto quindi aggiornare massicciamente le codifiche relative ad Eoraptor in Megamatrice, e - indipendentemente dalla sua posizione in Saurischia - questo significativo aggiornamento è di aiuto per la risoluzione di numerose ambiguità nella polarità dei caratteri nella regione basale di Theropoda.

Bibliografia:
Paul C. Sereno, Ricardo N. Martínez, Oscar A. Alcober (2013) Osteology of Eoraptor lunensis (Dinosauria, Sauropodomorpha). Basal sauropodomorphs and the vertebrate fossil record of the Ischigualasto Formation (Late Triassic: Carnian-Norian) of Argentina. Journal of Vertebrate Paleontology Memoir 12: 83-179.

12 ottobre 2013

Nuovi ornithothoracini dal Gansu

Immagini modificate da Wang et al. (2013).
Wang et al. (2013) descrivono due nuovi esemplari e rivalutano un esemplare già noto, tutti ornithothoracini, dal Cretacico Inferiore della provincia del Gansu (Cina).
L'esemplare già noto è uno sterno con furcula, che gli autori riferiscono al nuovo taxon Jiuquanornis niui. I due esemplari nuovi sono uno sterno articolato con cinto pettorale e arto anteriore, olotipo del nuovo taxon Yumenornis huangi, ed un sinsacro articolato con alcune dorsali, parte di un bacino e del piede di un terzo nuovo taxon, olotipo del nuovo taxon Changmaornis houi.
Va notato che sebbene Jiuquanornis e Yumenornis siano distinguibili tra loro, non esiste attualmente materiale comparabile tra questi due taxa e Changamaornis: pertanto, non si può escludere che questo ultimo sia sinonimo con uno degli altri due. In caso di eventuale sinonimia, l'ordine di priorità dato dalla pubblicazione è Yumenornis > Changmaornis > Jiuquanornis.
L'analisi filogenetica di Wang et al. (2013) non risolve le affinità di questi taxa aldilà di collocarli in un'ampia politomia di Euornithes che include Ornithurae.
Immessi in Megamatrice, i tre nuovi aviali dal Gansu si collocano in Ornithothoraces. Jiuquanornis risulta un ornithothoracino di posizione incerta (dopo tutto, è basato solo su uno sterno); Changmaornis risulta un ornithuromorpho più prossimo agli ornithurini rispetto ai songlingornithidi; mentre Yumenornis risulta un ornithurino più derivato di Apsaravis. Questo ultimo risultato è molto interessante, dato che estende indietro nel Cretacico Inferiore la linea che conduce ai neornithini.

Bibliografia:
Wang Y-M, O'Connor JK, Li D-Q, You H-L (2013) Previously Unrecognized Ornithuromorph Bird Diversity in the Early Cretaceous Changma Basin, Gansu Province, Northwestern China. PLoS ONE 8(10): e77693. doi:10.1371/journal.pone.0077693.

09 ottobre 2013

Il Grande Rinoceronte del Po

Vi segnalo un interessante evento paleontologico relativo alla megafauna pleistocenica italiana. Recentemente, sulle rive del Po è stato rinvenuto il cranio di un grande rinoceronte. 
L'esemplare è stato studiato dai paleontologi del Museo Paleoantropologico di S. Daniele Po (Cremona), e sarà presentato al pubblico il prossimo 3 novembre.
Farò in modo di esserci. E consiglio caldamente a tutti coloro che fossero interessati di partecipare, e di visitare il Museo, che include uno dei rari esemplari di Homo neanderthalensis rinvenuti nel Nord Italia.

Coming Soon: L'osteologia di Eoraptor

08 ottobre 2013

Copritrici caudali in Jeholornis

Uno degli esemplari descritti da O'Connor et al. (2013). Il dettaglio mostra le penne copritrici nella zona pelvica e della base della coda.
A volte, l'eccesso di enfasi rende una scoperta interessante su un fenomeno nuovo - ma comunque atteso e per niente eccezionale - nella forma di un aneddotto iperbolico e quasi straordinario.
Il piumaggio degli uccelli è molto complesso ed elaborato. Tipi di piumaggio differenti per forma e funzione si sviluppano in regioni corporee differenti, ma spesso possono coesistere nelle medesime aree corporee. Non tutti i tipi di piuma hanno lo stesso ruolo. Ci sono piume con funzione isolante, altre con una funzione più strutturale, altre con una funzione aerodinamica, altre con funzione ornamentale. Altre, infine, hanno forma e ruoli ibridi, e fungono da "transizione" tra parti del piumaggio più specificamente specializzate.
Ad esempio, la base delle penne timoniere, poste all'estremità distale della coda (che, negli aviali derivati, è formata dal pigostilo) è sovente "coperta" prossimamente da penne che si inseriscono nella parte dorsolaterale del bacino. Queste penne sono chiamate "copritrici caudali", e sebbene siano poco menzionate, sono presenti nella maggioranza degli uccelli. Le copritrici caudali (e della parte posteriore del dorso) più famose e fraintese sono quelle che formano la "ruota" della coda dei pavoni maschi: spesso confuse per penne timoniere, infatti, quelle penne sono delle copritrici altamente modificate per una funzione ornamentale. Il record fossile di penne copritrici in taxa mesozoici finora è stato scarso, anche perché è possibile che esse siano state confuse per penne timoniere o remiganti.
Un primo caso definitivo di copritrici caudali in fossili mesozoici è pubblicato oggi. O'Connor et al. (2013) descrivono vari esemplari di Jeholornis (Shenzhouraptor) che conservano le copritrici caudali. Queste formano una corta fronda che si irradia posteriormente dal margine dorsale della regione postacetabolare del bacino e prossimale della coda. Esse sono chiaramente distinte dalla fronda ornamentale posta nella regione distale della coda - già nota - che è omologa alla fronda distale preservata nella coda di altri maniraptori (come Caudipteryx e Microraptor).
Pertanto, anche se è comunque significativa, in quanto prima evidenza fossile nota, la scoperta di copritrici caudali in aviali mesozoici non ha nulla di straordinario o di bizzarro. Peccato che, come al solito, i divulgatori all'acqua di rose (spesso ignoranti in merito agli uccelli attuali) stiano già diffondendo l'iperbolica notizia che Jeholornis avesse "2 code"...

Bibliografia:
Jingmai O’Connor, Xiaoli Wang, Corwin Sullivan, Xiaoting Zheng, Pablo Tubaro, Xiaomei Zhang, Zhonghe Zhou. 2013. Unique caudal plumage of Jeholornis and complex tail evolution in early birds PNAS doi:10.1073/pnas.131697911.

07 ottobre 2013

Theropoda Neurocranica

Nel magico mondo dei neurocrani theropodi, dove la babele terminologica si allea con la variabilità ontogenetica e con il rumore di fondo omoplastico per dare manforte ai vincoli fisici e geometrici e rendere tutto un dannato caos, può capitare di intravedere lignaggi con la stessa facilità con cui il contenuto del neurocranio di un cinquantenne ubriaco può trovare il vero amore ad un concerto di una Boy Band. La metafora è molteplicemente corretta, a vari livelli di lettura.
Ho voluto ri-testare l'indagine svolta da Rauhut alcuni anni fa  con l'attuale versione di Megamatrice, usando solamente i caratteri della regione neurocranica (e, ovviamente, includendo solo i taxa di cui sia nota almeno parte di quella regione scheletrica), per valutare come la topologia "solo-neurocranio" si discosti da quella "tutti i taxa e tutti i caratteri".
L'analisi "neurocranica" (60 taxa vs 76 caratteri) ha prodotto queste topologie (da sinistra: analisi "unweighted", con "implied weighting" e K=3, con "implied weighting" e K=1):
Ingrandire l'immagine per i dettagli
Confrontando i risultati dei differenti test, è interessante constatare come l'analisi con il massimo grado di indebolimento dei caratteri omoplastici produca una topologia con una buona risoluzione e topologia in alcuni punti non troppo difforme dalla topologia ottenuta con la totalità dello scheletro. Nondimeno, pare abbastanza evidente che la regione neurocranica, da sola, non sia in grado di dare supporto per relazioni a grande scala. Eccezione significativa, i caratteri neurocranici distinguono i neotheropodi dai non-neotheropodi. Inoltre, essa fornisce sostegno per alcuni sottocladi. Tuttavia, le differenti topologie risultate a seconda del diverso "peso" attribuito ai caratteri mostrano che anche la regione del neurocranio è soggetta ad un grado di omoplasia simile a quello del resto dello scheletro.

05 ottobre 2013

All My Spinosaurs Meet Pop-Art

Mentre mi avvio verso Bologna per la conferenza su Tataouinea, vi lascio con questa carrellata di "Spinosauri" demenziali ed alternativi creati da membri di DeviantART ed ispirati dai miei post sulle speculazioni più o meno plausibili relative a questo theropode. 
Perché, se non si fosse capito, questo blog è un'icona pop...

Spinodocus (chi diavolo è "Andrea Kay"?) ispirato dal mio Spinodocus.

Spinodocus vs Spinosaurus litteralis (questa è adorabile!) ispirato dal mio Spinosaurus litteralis.


04 ottobre 2013

Speculazioni paleoartistiche

Paraviano in corteggiamento (C) Andrea Cau - 2008
Detesto le mode e ciò che è "trendy". Quasi sempre, la diffusione di un "trend" è una forma di conformismo millantato per novità, un atteggiamento mentale consono alle pecore. E le pecore non sono artisti, né innovatori del pensiero.
Ho già scritto in passato che la nuova corrente ispirata lo scorso anno dal geniale All Yesterdays va ben oltre All Yesterdays. Ho fatto notare, come esempio che conosco bene, che sia io che Troco avessimo da tempo avviato lo stesso tipo di riflessione iconografica che gli amici di All Yesterdays hanno così sagacemente esposto. E che anche altri hanno da tempo avviato una riflessione critica e costruttiva su questo tema. Scrivo questo non per sminuire il valore di All Yesterdays, ma per evitare che qualcuno riduca una tendenza più ampia ed articolata ad un singolo evento eclatante.
Tuttavia, come altri hanno notato, all'originalità di All Yesterdays sta seguendo la "moda" di All Yesterdays: una monotona e manieristica adesione, poco originale e sovente fastidiosa, di una folta schiera di zelanti adepti, molti dei quali poco interessati a sviluppare le implicazioni più importanti di All Yesterdays. Gli zeloti in questione sono tutti coloro che, probabilmente senza aver letto nel dettaglio le argomentazioni a monte di All Yesterdays, e senza essersi soffermati sulla complessità concettuale delle motivazioni che hanno guidato Conway, Kosemen e Naish, si sono limitati a prendere gli accenni più marginali e accattivanti di All Yesterdays, a loro più congeniali, da usare come "motivazione" per forme iconografiche che, di fatto, sono solo la riproposizione della più banale forma di pensiero "paleontologico": la paleo-speculazione.
In questo blog ho scritto spesso che la paleontologia è la scienza dei fossili presenti, mentre molti la considerano la "scienza della vita passata". Ho anche rimarcato come queste due concezioni della paleontologia seguano approcci in opposizione reciproca, dato che lo scopo della paleontologia, nel primo caso, è di spiegare i fossili, mentre nel secondo caso si prefigge di "spiegare" un fantomatico "passato" esistente a prescindere dai fossili (e quindi, implicitamente, anche deducibile senza i fossili).
Questa considerazione spiega come mai il termine più citato e menzionato nei discorsi sulla paleoarte "post-All-Yesterdays" sia "speculazione". Risulta quindi evidente che i più entusiasti sostenitori delle istanze "speculazioniste" emerse da All Yesterdays siano proprio coloro che rigettano la visione della paleontologia incentrata sui fossili e seguono quella incentrata sulla "resurrezione" del passato.
A questo proposito, è molto interessante notare che la parola "speculazione" ha molteplici significati.
"Speculazione" significa sia "riflessione teorica" (qui contrapposta ad una "empirica" fondata sui fossili) ma anche "azzardo volto ad ottenere (più o meno lecitamente) un profitto". Ovvero, la speculazione, nata come riflessione teorica in sostegno al lato empirico della paleontologia, può rapidamente degenerare in speculazione (nel senso economico-finanziario del termine).
La speculazione paleoartistica, pertanto, è nel confine nebuloso tra ciò che è lecito attribuire alla ricostruzione paleontologica e ciò che invece è un azzardo sleale, che con giochetti e manovre illecite (qui intese come non conformi al procedere onesto della professione) cerca di ottenere un vantaggio a scapito di altri.
Le mie parole possono apparire provocatorie, ma come altro interpretare certe "speculazioni" paleoartistiche, nelle quali la componente scientifica, empirica e naturalistica viene schiacciata per far spazio all'esagerazione, all'iperbole, alla pura esplosione della componente fantastica, fantasmagorica e immaginaria? Molte speculazioni, difatti, sono spesso delle mere opere di fantasy camuffate da paleoarte "all-yesterdayana". Molti speculatori, di conseguenza, sono poco più che artisti fantasy che cercano di camuffarsi per paleo-artisti: essi speculano sull'incertezza e l'indeterminatezza della conoscenza per imporre qualcosa che spesso è in aperto contrasto con le stesse istanze "liberali" di All Yesterdays.
La moda della speculazione "facile", il mito del "divengo ricco giocando in borsa" ha già provocato abbastanza danni, ben più importanti e gravi, all'economia mondiale: l'illusione che il gioco finanziario, la speculazione spregiudicata di valuta "virtuale" potesse arricchire in modo rapido ed indolore ha difatti prodotto un grande danno all'economia reale, quella basata su beni esistenti, frutto del lavoro e dell'impegno. Non dubito che lo stesso modo di pensare spregiudicato ed azzardato, la stessa propensione alla speculazione virtuale, possa alla lunga daneggiare la paleoarte "reale" frutto del lavoro scientifico e dell'impegno professionale.

02 ottobre 2013

Leggero come un dinosauro



Se il prossimo sabato (5 Ottobre) sarete dalle parti di Bologna, non dovete mancare la conferenza che si terrà alle 16.30 presso il Museo Capellini (in via Zamboni 63) dal titolo ‘Leggero come un dinosauro: Tataouinea hannibalis, il grande sauropode che somigliava ad un uccello’ a cura di Federico Fanti.